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Le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo tale da
mantenersi vitali in un’area turistica per un tempo illimitato, non alterano
l’ambiente (naturale, sociale ed artistico) e non ostacolano o inibiscono lo
sviluppo di altre attività sociali ed economiche”. Formulata nel celebre
Rapporto Brundtland della World Commission Environment and Development istituita
dall’Onu nel 1987, questa definizione di turismo sostenibile pone alla base del
proprio sviluppo un piano mirato a garantire la reddittività del territorio di
una località turistica in una prospettiva di lungo periodo con obiettivi di
compatibilità ecologica, socio-culturale ed economica. La sostenibilità ha anche
un valore di immediato interesse economico: le località turistiche devono la
loro popolarità all’integrità delle bellezze naturali, se si degradano oltre una
certa soglia, i flussi turistici sono destinati al declino.
Da una decina di anni è stato riconosciuto il peso che i modelli tradizionali di
sviluppo dell’industria turistica (in cui le attrazioni turistiche sono spesso
concentrate in determinate zone e hanno una frequentazione stagionale) hanno in
termini di impatto negativo sull’ambiente e sul tessuto sociale delle comunità
ospitanti. Si parla di un settore che ricorre alle risorse ambientali come
principale materia prima per la propria funzione produttiva. Nella grande
maggioranza dei casi si tratta di risorse non riproducibili e che giocano un
ruolo fondamentale nel determinare il grado di attrazione.
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